Diritto di famiglia

ott 16, 2023

Con il termine di diritto di famiglia si è soliti indicare tutta una serie di norme vigenti nello stato italiano, grazie alle quali è stato possibile determinare con legge i diritti degli appartenenti ad una stessa famiglia sia a livello del nucleo, sia in merito ai singoli che lo compongono per quelle situazioni caratterizzate da diatribe e che per tanto richiedono la presenza di un attore terzo per poter essere gestite al meglio.

Il diritto di famiglia pertanto è formato da regole che, seppur modificate nel tempo per mantenerle al passo dello sviluppo del nucleo familiare e delle sue accezioni moderne, sono quelle che da sempre regolano particolari istituti giuridici quali eredità, matrimoni e divorzi, nonché affidamento.


Eredità – Successione legittima e testamentaria


Nonostante l’istituto ereditario sembra aver perso negli anni la sua fondamentale capacità di determinare la divisione dei beni all’interno della società a causa dello sviluppo economico e della trasformazione della famiglia in quanto soggetto di diritto, questo risulta ancora oggi di grande importanza nel permettere che le risorse accumulate da un individuo nel corso della sua vita, possano essere distribuite tra gli aventi diritto alla sua morte, evitando che finiscono nelle mani di terzi.

Esistono diverse norme che definiscono il sistema ereditario e nell’ordinamento italiano le più importanti riguardano la successione legittima e quella testamentaria. La prima ha lo scopo di individuare quei soggetti che per legge sono indicati come i diretti successori dell’individuo di cui si sta analizzando il patrimonio e che se non disposto differentemente da parte del de cuius, sono quelli ai quali verranno distribuiti i suoi averi. La successione testamentaria prevede invece la stesura di un documento ufficiale denominato appunto testamento, con il quale si intende procedere a una diversa distribuzione dei beni rispetto a quanto previsto a livello normativo, per avvantaggiare uno o più componenti della propria famiglia o individui esterna a questa, nel caso si voglia evitare che tutti partecipino alla divisione finale dei beni.


Coppie di fatto



Un’altra materia di fondamentale importanza che dipende dalle norme racchiuse nel diritto di famiglia, riguarda tutte quelle situazioni nelle quali si formano coppie di fatto, vale a dire unioni di persone che seppur non equiparate alla famiglia classica in quanto non munite di documentazione matrimoniale e quindi non legate giuridicamente da alcun atto, vengono comunque considerate in modo differente rispetto a due individui che semplicemente condividono uno stesso ambiente.

In seguito alla nuova legge n.76 approvata il 20 maggio 2016 dal Parlamento italiano, si è provveduto infatti a dare una grande spinta alla modernizzazione dell’istituto giuridico, sicché le coppie di fatto oggi possono godere di una serie di diritti di importanza fondamentale che ne avvantaggiano notevolmente la convivenza dei membri, nonché la creazione di basi familiari che possono portare in futuro all’allargamento del nucleo, senza per questo dover possedere legami giuridici o provvedere a una modifica della situazione di convivenza.

Entrambi i membri che costituiscono la coppia di fatto hanno pertanto obblighi e diritti da rispettare, sia in fatto di rappresentanza che condivisione dei beni, i quali seppur sono soltanto parte di quelli derivanti da unioni legalmente riconosciute tramite atto normativo, sono comunque determinanti nel garantire che lo status di coppia di fatto possa essere riconosciuto a due individui.

Giacca giudice
16 ott, 2023
Avrete sentito tantissime volte al telegiornale parlare di ricorsi al TAR. Ma di cosa si tratta esattamente? La parola TAR indica l’acronimo di Tribunale Amministrativo Regionale e si tratta di un tribunale di primo grado con competenze amministrative, presente in tutti i capoluoghi di regione. Il suo compito è ascoltare i cittadini che lamentano di aver subito un danno in seguito a un atto amministrativo preso nei loro confronti. Scopriamo insieme come si può fare ricorso al TAR. Chi può fare ricorso al TAR Possono fare richiesta al TAR i cittadini che sono stati oggetto di un atto amministrativo che ha determinato una lesione di un interesse legittimo, ma non devono essere passati più di 60 giorni dalla data di pubblicazione dell’atto amministrativo in questione, altrimenti il ricorso non verrà accettato. Inoltre, è necessario che i cittadinisiano affiancati daun avvocato esperto in diritto amministrativo, che li rappresenti di fronte al Tribunale Amministrativo Regionale. La mancata osservanza di questi requisiti presuppone il rigetto da parte dei giudici del TAR. Come presentare il ricorso Qualora i suddetti requisiti siano rispettati, l’avvocato è tenuto a depositare il ricorso alla segreteria del TAR entro e non oltre 30 giorni dall’emissione dell’atto amministrativo. Se il legale lo ritiene opportuno, può richiedere non solo l’annullamento dell’atto, ma anche il risarcimento del danno subito non oltre 120 giorni dalla pubblicazione dell’atto. Al termine del processo il TAR emetterà una sentenza la cui validità è immediata. Va sottolineato che si tratta di una sentenza di primo grado che può essere, successivamente, impugnata dall’avvocato qualora il suo assistito non la condivida. Come impugnare una sentenza emessa dal TAR Come accennato, è possibile impugnare una sentenza emessa dal TAR. Per farlo, è necessario presentare un ulteriore ricorso al Consiglio di Stato, entro e non oltre 60 giorni dalla sentenza. Non è previsto un terzo grado di appello. L’avvocato può, comunque, suggerire di ricorrere alla Corte di Cassazione qualora si sospetti una mancata legittimità della sentenza a livello giurisdizionale. Rivolgetevi a un avvocato amministrativista di fiducia se ritenete di avere i requisiti per presentare un ricorso al TAR. Ricordiamo che l’art. 24 della Costituzione prevede la possibilità di ricevere il patrocinio gratuito a spese dello Stato per persone che vertono in difficili situazioni economiche; lo stesso vale per i ricorsi al TAR, nel caso in cui il reddito annuo risulti inferiore a 11.528,41 €.
eredità
16 ott, 2023
Quando una persona viene a mancare, si presenta il problema della ripartizione del patrimonio tra i legittimi eredi. Forse non tutti sanno che esiste una “quota legittima” a cui hanno diritto figli, ascendenti e coniuge: queste figure possiedono tali diritti sia nel caso di successione senza testamento, sia in caso di successione testamentaria, anche se con alcune differenze. Scopriamo quali. La quota legittima Per quanto riguarda il patrimonio, esistono due quote complementari: la quota legittima e la quota disponibile. Il codice civile definisce la quota di cui i vari legittimari hanno diritto, costituendo anche uno speciale diritto al coniuge del defunto che sussiste anche in presenza di testamento. Sono diversi, dunque, gli aspetti che concorrono alla determinazione delle singole quote: in primis, il rapporto di parentela, seguito da eventuali categorie di successibili e, ovviamente, alla presenza di più legittimari. In caso di separazione, il coniuge separato senza addebito può avvalersi degli stessi diritti di un coniuge non separato; nel caso di divorzio, invece, l’ex coniuge non godrà più dei diritti di quota legittima. A chi spetta la quota legittima Abbiamo già accennato che i legittimari sono figli e discendenti, coniugi e ascendenti, che sussistono solo col verificarsi di determinati requisiti. Se il figlio è uno solo, a lui spetterà almeno la metà del patrimonio lasciato in eredità. Se, invece, i figli sono più di uno, avranno diritto ad almeno due terzi del patrimonio. Se, al contrario, il defunto non aveva figli, agli ascendenti andrà un terzo del patrimonio ereditario. Qualora questi ultimi concorressero col coniuge, avranno diritto a un quarto, mentre al coniuge andrà metà del patrimonio. E ancora, se il coniuge non si trovasse a concorrere con altri legittimari o con i soli ascendenti, avranno diritto, oltre alla metà del patrimonio come già specificato, ai diritti di abitazione nella residenza della famiglia, inclusiva dei mobili. Se, infine, il coniuge si trovasse a concorrere con un figlio, ciascuna delle due parti avrà diritto ad almeno un terzo a testa, mentre se i figli sono più di uno avranno congiuntamente diritto ad almeno metà del patrimonio; al coniuge, di conseguenza, spetterà una legittima di un quarto. Come si calcola la quota legittima Il calcolo della quota legittima da ripartire tra gli eredi è un’operazione complessa, regolata dall’articolo 556 del codice civile. Bisogna, infatti, sommare tutte le entità patrimoniali (da intendersi al netto di eventuali debiti) con le entità patrimoniali di eventuali donazioni dirette e indirette eseguite dal defunto quando era ancora in vita. Il risultato verrà considerato la quota disponibile, pronta da suddividere tra figli, coniugi e ascendenti. Per informazioni ulteriori e per risolvere dubbi su quanto spiegato, consigliamo di rivolgersi a uno studio legale specializzato in successioni.
Impugnare licenziamento
16 ott, 2023
La legge italiana permette ai datori di lavoro di notificare il licenziamento, ovvero recedere il rapporto di lavoro subordinato che li lega ai dipendenti. Ovviamente, questo è possibile se si verificano condizioni ben precise. Qualora esse non vengano rispettate, la persona licenziata può impugnare il licenziamento, procedura anch’essa soggetta a vincoli, termini e obblighi descritti dal legislatore. Qualora essi non vengano rispettati, il datore di lavoro automaticamente viene assolto e le violazioni o errori commessi non perseguite. Come deve avvenire un licenziamento Come accennato, i datori di lavoro devono seguire determinate norme al momento della notifica di licenziamento. Secondo l’articolo 2 della legge 15 luglio 1966 n. 604, il datore di lavoro è tenuto a notificare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro, anche quando quest’ultimo ricopre la carica di dirigente. La notifica, inoltre, deve obbligatoriamente contenere la specificazione delle ragioni che hanno portato alla recessione del rapporto di lavoro. Se queste due condizioni non sono rispettate, il licenziamento è considerato inefficace. Non solo: in caso di licenziamento per via orale, il lavoratore viene reintegrato col diritto di un risarcimento non inferiore a 5 mensilità dall’ultima retribuzione. Quando è possibile ricorrere all’impugnazione L’impugnazione è regolata dall’articolo 6 della già citata legge 604. Tale articolo specifica che “Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch’essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso.” L’impugnazione sarà considerata inefficace se non seguita, entro il successivo termine di 180 giorni, dal “deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso.” Il primo termine di impugnazione Il primo termine di impugnazione è stabilito ai 60 giorni dalla ricezione della notifica di licenziamento. Questi 60 giorni vanno calcolati non dalla data effettiva della fine del rapporto di lavoro, bensì dalla comunicazione del recesso. L’impugnazione deve avvenire tramite raccomandata: farà fede la data del timbro postale. Va ricordato, inoltre, che l’impugnazione può avvenire anche per via di un rappresentante del dipendente; perché avvenga ciò, è necessaria la ratifica o procura dell’operato del rappresentante sia presentata per iscritta entro il termine previsto dalla legge. Nel caso in cui si desideri impugnare un licenziamento, consigliamo sempre di richiedere una consulenza a un legale specializzato in diritto del lavoro.
Separazione e divorzio
16 ott, 2023
Separazione e divorzio legale sono due istituti giuridici da sempre al centro dell’attenzione pubblica, in quanto corrispondono a quel complesso di norme di un ordinamento che tende a disciplinare la sfera più privata delle relazioni individuali. Dal 1970 è iniziato un processo che ha portato la maggior parte degli stati del mondo tra i quali l’Italia, ad adottare norme che determinassero in modo dettagliato ogni diritto e dovere di chi, implicato in una relazione costituitasi in matrimonio, decida per un motivo o per un altro di procedere alla sua cessazione attraverso vie legali e che permettesero di distribuire in modo logico le risorse condivise dalle parti. È chiaro che gestire separazioni e divorzi non è mai un’operazione semplice, dal momento che i beni in gioco sono molti e gli interessi alquanto diversi. La bravura di un abile avvocato, consiste proprio nel predisporre soluzioni ottimali che riescano a soddisfare pienamente chiunque ne sia coinvolto. Differenze tra i due istituti giuridici Seppur i due istituti giuridici sono saldamente connessi, separazione e divorzio individuano comunque due fattispecie alquanto diverse, di cui bisogna adeguatamente conoscerne i particolari per poterle amministrare al meglio e far valere i propri diritti. Mentre attraverso la separazione personale dei coniugi si instaura un processo che porta alla sospensione temporanea degli obblighi e dei diritti derivanti dal matrimonio, con il divorzio di procede invece alla sua definitiva cessazione, la quale oltre a determinare la conclusione di ogni tipo di contratto interpersonale, permetterà alle parti di poter instaurare nuovi rapporti relazionali e successivi matrimoni legalmente riconosciuti dall’ordinamento giuridico italiano. È importante tenere a mente che nel caso della separazione, la sentenza emessa dal giudice non determina il venir meno degli obblighi e diritti derivanti dallo status di coniuge, ma ne identifica una limitazione non indifferente che tenga conto degli interessi degli attori coinvolti, nonché delle motivazioni che hanno portato alla stessa richiesta legale. Novità sino a oggi sul fronte normativo Sin dalla prima legge sul divorzio ad oggi si sono avuti una serie di notevoli cambiamenti, che non solo hanno permesso di gestire in modo più agevole tutte le procedure burocratiche necessarie al riconoscimento della nuova situazione giuridica, ridurre i tempi di applicazione delle sentenze e procedere ad effettuare un’importante distinzione tra separazione consensuale e legale, ma che soprattutto hanno reso possibile innescare un meccanismo che basa la sua essenza sul far valere i diritti delle attori che compongono il nucleo familiare al di là di classicismi e retoriche di tradizione. Se una volta la normativa era del tutto improntata a una famiglia di stampo patriarcale, con l’avanzare del tempo sono state adottate una serie di regole che cercano di disciplinare al meglio una situazione paritaria e che tenga adeguatamente in considerazione la situazione di fatto della coppia, piuttosto che una vaga idea di famiglia.
negoziazione
16 ott, 2023
Quando esiste una qualsiasi controversia tra due parti, è possibile risolverla stringendo un accordo in sede privata. In particolare, tra i cosiddetti sistemi di ADR (Alternate Dispute Resolution, ovvero alternative per la risoluzione di dispute) rientrano due sistemi, chiamati mediazione e negoziazione assistita. Si tratta di due modalità diverse che non collidono, ma che anzi possono essere utilizzate in modo complementare, e che vengono applicate in situazioni differenti. Scopriamo insieme di più su questi istituti e sulla posizione della figura dell’avvocato in entrambe le procedure. La negoziazione assistita Per negoziazione assistita si intende un accordo (la convenzione di negoziazione) tra le due parti in lite, che si impegnano in sede legale a sciogliere la disputa in modo amichevole. La validità dell’accordo dipende esclusivamente dalla sua conclusione per iscritto, che deve essere raggiunta con l’assistenza di uno o più avvocati. Esistono dei termini ben precisi per l’espletamento di questa procedura, che non possono essere inferiori a un mese né superiori a tre mesi. È possibile, però, prorogate il termine di 30 giorni solo ed esclusivamente se entrambe le parti acconsentono. Come funziona la negoziazione assistita Per attivare il processo di negoziazione assistita, è necessario che la parte interessata invii un invito alla controparte tramite il proprio legale. Questo invito deve contenere l’oggetto della controversia e un avviso citante gli art. 96 e 642 c.1 c.p.c. a rispondere entro 30 giorni dalla ricezione. Se ciò non dovesse avvenire, infatti, il giudice potrebbe valutare l’accaduto ai fini delle spese del giudizio. Una volta accettato l’invito, inizierà la negoziazione assistita, il cui esito potrà essere positivo oppure negativo. Quando è necessaria la mediazione Per quanto riguarda la mediazione, invece, gli avvocati non sono parti attive della procedura, bensì assistenti delle parti. La mediazione vera e propria, infatti, è affidata al mediatore, ovvero un terzo neutrale che non è presente nella negoziazione assistita. Questa metodologia ha diritto a vantaggi fiscali che non coprono, invece, gli accordi raggiunti per via della negoziazione assistita. Bisogna ricordare, però, che in alcuni casi è obbligatoria la mediazione: in tali circostanze, nulla vieta alle due parti di scegliere a livello preliminare di avvalersi della negoziazione assistita. Nel caso in cui l’intervento fallisca, si procederà dunque al primo tentativo di risoluzione tramite la mediazione obbligatoria. Per risolvere una controversia in modo amichevole, insomma, consigliamo di rivolgersi a uno studio specializzato in diritto civile.
diritto di famiglia
16 ott, 2023
Con il termine di diritto di famiglia si è soliti indicare tutta una serie di norme vigenti nello stato italiano, grazie alle quali è stato possibile determinare con legge i diritti degli appartenenti ad una stessa famiglia sia a livello del nucleo, sia in merito ai singoli che lo compongono per quelle situazioni caratterizzate da diatribe e che per tanto richiedono la presenza di un attore terzo per poter essere gestite al meglio. Il diritto di famiglia pertanto è formato da regole che, seppur modificate nel tempo per mantenerle al passo dello sviluppo del nucleo familiare e delle sue accezioni moderne, sono quelle che da sempre regolano particolari istituti giuridici quali eredità, matrimoni e divorzi, nonché affidamento. Eredità – Successione legittima e testamentaria Nonostante l’istituto ereditario sembra aver perso negli anni la sua fondamentale capacità di determinare la divisione dei beni all’interno della società a causa dello sviluppo economico e della trasformazione della famiglia in quanto soggetto di diritto, questo risulta ancora oggi di grande importanza nel permettere che le risorse accumulate da un individuo nel corso della sua vita, possano essere distribuite tra gli aventi diritto alla sua morte, evitando che finiscono nelle mani di terzi. Esistono diverse norme che definiscono il sistema ereditario e nell’ordinamento italiano le più importanti riguardano la successione legittima e quella testamentaria. La prima ha lo scopo di individuare quei soggetti che per legge sono indicati come i diretti successori dell’individuo di cui si sta analizzando il patrimonio e che se non disposto differentemente da parte del de cuius, sono quelli ai quali verranno distribuiti i suoi averi. La successione testamentaria prevede invece la stesura di un documento ufficiale denominato appunto testamento, con il quale si intende procedere a una diversa distribuzione dei beni rispetto a quanto previsto a livello normativo, per avvantaggiare uno o più componenti della propria famiglia o individui esterna a questa, nel caso si voglia evitare che tutti partecipino alla divisione finale dei beni. Coppie di fatto  Un’altra materia di fondamentale importanza che dipende dalle norme racchiuse nel diritto di famiglia, riguarda tutte quelle situazioni nelle quali si formano coppie di fatto, vale a dire unioni di persone che seppur non equiparate alla famiglia classica in quanto non munite di documentazione matrimoniale e quindi non legate giuridicamente da alcun atto, vengono comunque considerate in modo differente rispetto a due individui che semplicemente condividono uno stesso ambiente. In seguito alla nuova legge n.76 approvata il 20 maggio 2016 dal Parlamento italiano, si è provveduto infatti a dare una grande spinta alla modernizzazione dell’istituto giuridico, sicché le coppie di fatto oggi possono godere di una serie di diritti di importanza fondamentale che ne avvantaggiano notevolmente la convivenza dei membri, nonché la creazione di basi familiari che possono portare in futuro all’allargamento del nucleo, senza per questo dover possedere legami giuridici o provvedere a una modifica della situazione di convivenza. Entrambi i membri che costituiscono la coppia di fatto hanno pertanto obblighi e diritti da rispettare, sia in fatto di rappresentanza che condivisione dei beni, i quali seppur sono soltanto parte di quelli derivanti da unioni legalmente riconosciute tramite atto normativo, sono comunque determinanti nel garantire che lo status di coppia di fatto possa essere riconosciuto a due individui.
locazioni e vendita immobiliare
16 ott, 2023
La grande peculiarità di una materia come il diritto, è quella di riuscire a determinare delle basi di convivenza che permettono non solo al singolo di godere di alcuni importanti diritti personali e sociali, ma che soprattutto diano l’opportunità alla collettività di relazionarsi in modo proficuo e pacifico. Uno dei settori di maggiore interesse per chi è un professionista della giurisprudenza civile è di sicuro quello che riguarda il possesso e la gestione di beni immobili, vale a dire tutte quelle strutture naturali o artificiali che opportunamente registrate costituiscono la base delle costanti attività di un determinato individuo o di un gruppo di persone, poiché sono proprio queste strutture quelle dalle quali dipende la capacità di una società di svilupparsi in modo autonomo. Beni immobili – importanti risorse da tutelare Edifici, terreni, costruzioni edili di ogni forma e materiale, gli immobili rappresentano le risorse più importanti dislocate nel mondo, in quanto sono quelle che permettono di creare ambienti domestici e lavorativi di ogni tipo e per questo sono i beni che ricevono ogni giorno più attenzione anche e soprattutto da un punto di vista legale. Gestire simili immobili non è affatto semplice e proprio a causa del loro valore che tende aumentare nel tempo, spesso si instaurano diatribe e fraintendimenti che richiedono il supporto di un professionista affinché simili situazioni possano essere gestite al meglio. Locazione, vendita, acquisto, donazione, valutazione, sono tutte attività che hanno bisogno di particolari conoscenze nel settore per poter essere trattate con oculatezza e in modo profittevole per le parti coinvolte. Il ruolo del legale nella gestione di un immobile Seppur siano tante le figure professionali che entrano in causa quando si parla di beni immobili, i professionisti più indicati ai quali rivolgersi per supporto personale o societario sono di sicuro gli avvocati, poiché grazie alla loro conoscenza del diritto possono proporre soluzioni ottimali qualunque sia la specifica situazione nella quale si è implicati, nonché avere la possibilità di difendere efficacemente i propri diritti, i quali sono appunto spesso fondamentali nella determinazione del ruolo delle diverse parti implicate. Gestione di controversie per il possesso di immobili, redazione di testi per la cessione in eredità e usucapione, assistenza tecnica nella compra-vendita, stipulazione di contratti immobiliari, richiesta di decreti, soluzione controversie giudiziarie ed extra giudiziarie. E questi sono solo alcuni delle consulenze che vi offrono i nostri esperti legali, per consentire a ogni utente di poter amministrare i propri beni immobili con massima efficienza.
Share by: